GIOVAN FRANCESCO, DETTO IL FATTORE

 

Pittor Fiorentino

 

 

Egli si può ben fortunatissimo chiamar colui che, senza aver pensiero a cosa che si sia, dalla sorte è condotto a un fine, che di lode, d'onore et utile di continuo lo accresca; e per cognizione gli faccia essere portato riverenza, et ogni sua azzione e fatica di premio onorato guiderdoni. Questo avvenne a Giovan Francesco detto il Fattore pittor fiorentino, il quale non fu manco obligato alla fortuna, ch'egli si fosse alla bontà della natura sua et alle fatiche da lui sopportate ne gli studi della pittura. I quali ornamenti furono cagione che Raffaello da Urbino, vedendolo a ciò volto, lo prese in casa, et insieme con Giulio Romano come suoi propri figliuoli sempre gli tenne. Di che mostrò verissimi segni alla morte, lasciandoli cosí delle facultà sue eredi, come anco della virtú. Come sempre si vide in Giovan Francesco, da Raffaello nella sua fanciullezza chiamato il Fattore, il quale ne' disegni suoi imitò la maniera di Raffaello e la osservò del continuo. E perché sempre si dilettò piú di disegnare che di colorire, spendeva il tempo in ciò piú che in alcuna altra cosa. Furono le prime cose da Giovan Francesco lavorate nelle logge del papa a Roma, in compagnia di Giovanni da Udine, di Perino e d'altri eccellenti maestri; nelle quali si vede una bonissima grazia e di maestro che attendesse alla perfezzione delle cose. Fu|rono lavorate molte cose da lui con cartoni et ordini di Raffaello, come la volta d'Agostin Chigi in Trastevere in Roma, e 'n quadri e 'n tavole et altre opre diverse; nelle quali si portò tanto bene, che meritò da Raffaello infinitissimamente essere amato.

 

 

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Fece in Monte Giordano di Roma una facciata di chiaro scuro, et in Santa Maria di Anima, alla porta del fianco che va alla Pace, fece in fresco un S. Cristofano d'otto braccia, che bonissima figura è tenuta e con grandissima pratica lavorata. Quivi è una grotta con un romito che ha una lanterna in mano, di disegno e di buona grazia unitamente condotta. Capitando a Fiorenza, fece a Lodovico Capponi a Monte Ughi, luogo fuor della porta a S. Gallo, alla sua possessione un tabernacolo con una Nostra Donna molto lodata. Avvenne allora la morte di Raffaello suo maestro, la quale fu cagione che Giulio Romano e Giovan Francesco molto tempo sterono insieme, e finirono di compagnia l'opere che di Raffaello erano rimase imperfette, come ancora ne fanno fede nella vigna del papa alcune cose; e similmente la sala grande in palazzo, dove si veggono dipinte per loro le storie di Gostantino, e nel vero e' fecero bonissime figure con bella pratica e maniera, ancora che le invenzioni e gli schizzi delle storie venissero da Raffaello. In questo tempo tolse Perino del Vaga pittor molto eccellente la sorella di Giovan Francesco per moglie, per il che molti lavori fecero in compagnia. E cosí seguitando, Giulio e Giovan Francesco fecero in compagnia una tavola di due pezzi, dentrovi l'Assunzione di Nostra Donna, che andò a Perugia a Monte Lucci; e fecero altri infiniti lavori di quadri et opere in piú luoghi. Ebbero poi commissione da Papa Clemente di fare una tavola simile a quella di Raffaello, ch'è a San Piero a Montorio, la quale | voleva mandare in Francia, dove quella di Raffaello prima era destinata; per il che vennero a divisione e partirono la roba che Raffaello aveva lasciato loro, et i disegni ancora. E cosí Giulio si partí per Mantova, dove al marchese fece infinitissime cose; e Giovan Francesco intendendo ciò, pensando avere a fare ancor esso, capitò a Mantova, dove Giulio non gli fece molte carezze; per il che Giovan Francesco se ne partí e, girata la Lombardia, ritornò a Roma. Poi se ne andò a Napoli con le galee dietro al Marchese del Vasto, e quella tavola che era imposta di San Piero a Montorio, con alcune altre cose e robe sue, fece posare in Ischia, isola del marchese; et oggi è nella chiesa di Santo Spirito de gli Incurabili in Napoli. Quivi fermatosi, e continovamente disegnando, ebbe molte carezze da Tommaso Cambi mercante fiorentino, che governava le cose di quel signore. Ma non vi dimorò lungamente, che per essere di mala complessione, ammalatosi, vi si morí con infinito dispiacere del signor marchese e di tutti gli amici di esso Giovan Francesco. Lasciò Luca suo fratello, il quale lavorò in Genova con Perino suo cognato, et in molti altri luoghi di Italia, come in Lucca; e finalmente se ne andò in Inghilterra. Furono le opere di Giovan Francesco circa il MDXXVIII. E lo epitaffio fatto al suo nome, dice cosí:

 

 

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OCCIDO SVRREPTVS PRIMAEVO FLORE IVVENTAE,

CVM CLARA INGENII IAM DOCVMENTA DAREM.

SI MEA VEL IVSTOS AETAS VENISSET AD ANNOS,

PICTVRA AETERNVM NOTVS ET IPSE FOREM.

 

Et un altro ancora:

 

GIACE QVI GIOAN FRANCESCO IL GRAN FATTORE

ECCELLENTE PITTORE ORNATO E BELLO

CHE VINSE I PARI A SÉ; E RAFFAELLO

VINCEA: MA MORTE L'AMMAZZÒ IN SVL FIORE. |

 

 

 

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